GIGI RIVA, OVVERO ROMBO DI TUONO
- 31 Dicembre 2024
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Per raccontare un grande campione dello sport non si dovrebbe partire dal capolinea della sua esistenza, ma è ancora vivo il ricordo dell’improvvisa scomparsa, avvenuta neanche un anno fa: il rimando è a Gigi Riva, il sardo più Sardo che abbia ospitato questa meravigliosa terra.
Un’isola che egli amò come fosse ‘terra madre’ – e ne fu naturalmente ricambiato – come fosse origine delle sue radici, l’intesa diventò profonda fin dai primi mesi di permanenza a Cagliari. Sì, perché Gigi e la Sardegna avevano in comune similitudini e caratteri distintivi propri di un certo modo d’essere. La riservatezza, per esempio, la semplicità e l’umiltà, che nulla toglievano allo sguardo limpido e acuto, dunque rispetto reciproco, intesa senza circonvoluzioni di parole. Gli abitanti dell’isola sono di poche parole, e quest’aria discreta, i richiami del silenzio, si confacevano alla tendenza all’introversione di Gigi, al desiderio di tenere il mondo a distanza di sicurezza.
Gigi e la Sardegna vivevano in una sorta di simbiosi, non è un caso che egli avesse scelto di restare nell’isola nonostante le proposte allettanti dei club più prestigiosi del Nord. Fu semplicemente fedele a questa terra, andarsene forse significava un po’ tradirla.
Per spiegare quell’unione quasi indissolubile con la Sardegna, Gigi così si espresse nel corso di un’intervista: “Avevo indossato una maglia che non si staccava più dalla pelle..”
Gigi ci ha lasciato in una malinconica giornata invernale di quasi un anno fa. Per la circostanza, poiché egli era ben conosciuto anche all’estero, il quotidiano sportivo francese, L’Equipe, titolava: “Il tuono ha taciuto”. Era arrivata al termine, prematuramente, la vita del grande campione, ma il mito continua a vivere, e sarà impossibile scavalcare la sua memoria dalla storia sportiva. Riva aveva solo 17 anni quando iniziò la sua avventura calcistica come professionista; nel volgere di pochi anni traghettò la squadra del Cagliari in serie A, e da allora non si fermò più. Nella vita era piuttosto mite, ma in campo si scatenava, raggiunse ogni traguardo, sia in campionato (tre volte capo cannoniere), sia in Nazionale, con 35 goal segnati su 42 partite disputate. Nessuno lo ha mai superato in Italia.
Da qui l’eloquente appellativo ‘rombo di tuono’, che il grande giornalista Gianni Brera gli attribuì in un pomeriggio autunnale del 1970, nel corso della partita Inter-Cagliari, a San Siro. Brera, maestro di giornalismo sportivo, si trovava in tribuna stampa, e dopo il secondo goal messo a segno da Riva ne fu davvero impressionato, così lo qualificò con quella locuzione, per definirne l’impeto in campo, e le sue performance, che rimandavano al ‘tuono’, appunto, talmente erano forti i suoi lanci in porta da fare vibrare l’aria. Il Cagliari, all’epoca, era al massimo delle sue potenzialità, con lo scudetto appena conquistato sulla maglia.
Gigi era diventato lo spettro dei difensori in campo, i quali faticavano a contenerne l’esuberanza, e per fermare quel tuono sembrava conoscessero una solo strategia: prendere di mira quelle gambe, non di rado decisive per l’esito della partita. A costo di subire conseguenze di carattere disciplinare da parte degli arbitri, perfino di essere espulsi. Non era certamente un metodo ortodosso, con i falli inflitti ad arte il fairplay andava a farsi benedire, ma Riva era un incubo che non si riusciva a bloccare con gli interventi corretti dei difensori, egli sapeva come dribblare e disimpegnarsi da quello stato perenne d’assedio. In porta arrivava comunque, e con il suo sinistro micidiale portava a termine la ‘missione’.
In quel periodo andò incontro a diversi infortuni, uno dei quali piuttosto serio. Sul finire del 1970 Gigi era stato convocato in Nazionale per la partita contro l’Austria, valida per le qualificazioni agli Europei. Ci furono delle incertezze riguardo all’ala sinistra del Cagliari: da qualche settimana lottava contro un’infezione alle prime vie respiratorie, una tonsillite che lo obbligava a sottostare a cure antibiotiche, con effetti collaterali che si riflettevano sull’efficienza fisica. L’allenatore Valcareggi non era propenso a permettergli di entrare in campo, ma Riva, irriducibile qual era, volle a tutti i costi esserci. E così aprì le porte alla iella, favorendo l’incursione del drammatico evento che sopraggiunse.
Nella partita contro l’Austria avevano già segnato De Sisti e Mazzola, Riva non intendeva restare a digiuno in una partita così importante. Dopo un’imbeccata di Domenghini, mentre si dirigeva come un fulmine verso la porta, ignorava che Hof, un difensore della squadra avversaria, lo stava tallonando da dietro. Questi riuscì a incastrare le sue gambe tra quelle di Gigi, l’urto fu violento, egli cercò di girarsi di schiena, ma non poteva muovere la gamba destra, provava anzi un dolore acuto, lacerante, ci fu poi una forte torsione col piede, che si ritrovò in posizione innaturale.
Le conseguenze furono drammatiche: c’era stata la rottura del perone, insieme ai legamenti della caviglia, ovvero un disastro seguito ad una serie di circostanze avverse. Meglio sarebbe stato stare in panchina, ma Gigi non era uno che si lasciava sopraffare da una tonsillite, anche se, col senno di poi..
I rossoblù avevano diversi giocatori di buon livello, ma Gigi mancava come l’aria, senza quel brutto infortunio è molto probabile che il Cagliari avesse vinto per la seconda volta il campionato, la squadra era lanciata verso quel traguardo. Invece, proprio da allora, iniziò il lento declino di una fiaba cominciata sul finire degli anni ’60, una sorta di parabola discendente: la squadra non fu più competitiva, Gigi, oltre che un insuperabile attaccante, aveva un ruolo psicologico non di poco conto, era il trascinatore dei compagni, la sua presenza aveva sempre fatto la differenza sui risultati conseguiti.
Gli aneddoti sulla personalità di Riva sono innumerevoli, e riportano tutti, sul piano comportamentale, alle caratteristiche umane di questo inarrivabile campione dello sport italiano.
Il primo che viene in mente riguarda la partita Cagliari- Juve, che ebbe luogo al Comunale di Torino, nel marzo del 1970. Tomasini, perno della difesa della squadra sarda, era infortunato, si giocava una partita quasi decisiva per il campionato, e Riva avvertiva tutta la responsabilità sull’esito della partita. La Juve infatti incalzava in classifica il Cagliari (che aveva 34 punti), e c’erano fra le due squadre solo due punti di distacco. Qualora la squadra bianconera avesse vinto, avrebbe raggiunto il Cagliari, e il destino del campionato sarebbe precipitato nell’incertezza. Grazie ai goal di Gigi la partita si risolse con un 2-2, così il sorpasso in classifica era stato scongiurato. Tomasini, che era anche il migliore amico di Riva, per sostenerlo moralmente gli inviò un telegramma.
Quando Gigi tanti anni più tardi fu intervistato al riguardo, e gli fu chiesto cosa avesse scritto Tomasini nel telegramma a lui diretto, prima dell’inizio della partita, con il solito aplomb e un sorriso sibillino, rispose che non lo avrebbe mai rivelato. Lui era anche la somma di questi atteggiamenti che portavano dietro gli steccati della riservatezza, e qui non transigeva.
Il 12 aprile del 1970, con due giornate di anticipo – il Cagliari vinceva il suo primo, storico scudetto.
Si è accennato all’appellativo “rombo di tuono”, una sorta di ‘timbro a cartiglio’ sul grande campione coniato da Gianni Brera il 25 ottobre del 1970, allorché il Cagliari travolse l’Inter a San Siro per 3-1. Gigi non lo aveva mai rivelato, ma fu lo stesso Mazzola a raccontare un aneddoto su questa partita.
Raggiunti i 3 goal, dei quali due messi a segno da Riva, Mazzola si avvicina a lui e quasi lo scongiura di non ‘inveire’ con il risultato: “Gigi, guarda che per noi uscire dallo stadio poi non sarà semplice, i tifosi non ci perdoneranno.”
Riva fu un vulcano, le sue prestazioni impressionarono Gianni Brera, il quale in tribuna stampa commentò la partita, e il ruolo travolgente che aveva avuto (allora era anche capo cannoniere del campionato), per esaltarne le ‘gesta’ in campo gli attribuì l’epiteto ormai conosciuto in tutto il mondo: ‘rombo di tuono’, decidendo così di identificare il campione in modo inequivocabile, consegnandolo allo stesso tempo definitivamente alla storia del calcio. A San Siro c’erano 70 mila spettatori, lo precisò bene Brera sul settimanale Il Guerin sportivo.
C’è un altro aneddoto testimoniato da uno dei trentamila tifosi presenti alle esequie di Gigi, avvenute il 24 gennaio scorso.
Riva si trovava in Lussemburgo per una partita della Nazionale, in veste di dirigente sportivo, all’appuntamento erano accorsi tanti italiani residenti in Lussemburgo, ma anche in Germania e nei Paesi vicini. Tra questi il fratello del tifoso, che ha ricordato l’episodio alla giornalista che raccoglieva con il microfono le varie testimonianze. Il cagliaritano tifoso del Cagliari si era fermato di fronte al pullman nel quale erano presenti i giocatori che avrebbero di lì a poco disputato la partita, e alcune personalità del Coni, tra cui Riva, quale dirigente, appunto.
Il tifoso cercava di richiamare l’attenzione di Gigi, ancora fermo nel suo sedile, che però tra quella marea di italiani entusiasti, non lo notava. Alla fine egli dalla strada si piazzò di fronte a lui e gli gridò: “Gigi, Gigi.. sono un tifoso, sono di Cagliari..” – Immediatamente Riva si alzò, scese dal pullman e gli strinse sorridendo la mano.
Una forma di rispetto che dimostra ancora, qualora ce ne fosse bisogno, l’affetto del grande campione verso la ‘sua gente’, tale egli la considerava.
Per ricordare il suo valore sportivo, in suo onore, è stato girato un documentario, intitolato, neanche a dirlo “Nel nostro cielo un rombo di tuono”, di Riccardo Milani, nel quale si mettono in risalto le doti umane del campione, con qualche cenno alla vita privata, e al suo ruolo di dirigente, che svolse con competenza dopo la sua carriera calcistica.
Prima che campione di massimo livello, conosciuto in tutto il mondo, Gigi Riva è stato un Uomo, che col suo carisma e umiltà, senza ostentazione, ha saputo conquistare la stima della gente. Calamitava l’attenzione intorno, per quel suo modo di essere schietto e allo stesso tempo schivo, sfuggente. Eppure limpido, sempre in trincea nella difesa dei grandi valori.
E il pensiero torna a quel pomeriggio del 24 gennaio scorso, a quando ci ha lasciato, ai due giorni di processioni ininterrotte dei tifosi, giorno e notte nella camera ardente, quando la ‘sua gente’, a migliaia, si è precipitata a Cagliari per un ultimo saluto, per dichiarargli tutta la stima e il rispetto che aveva meritato.
C’era un’aria solenne nella splendida Basilica di Bonaria, a Cagliari, l’atmosfera dei grandi tristi eventi, l’immensa scalinata che dolcemente digrada verso il Golfo, era gremita di gente silenziosa, molti con gli occhi lucidi e un’espressione triste, come fosse scomparsa una persona cara, ‘un parente’. Quel dolore vagava nell’aria frizzante del pomeriggio e si fissava sul volto della folla composta, ordinata, fino a lambire il mormorio dell’onda e della risacca sulle onde del mare vicinissimo, di un cristallo azzurro, quasi attiguo alla Basilica, con i colori del mare della Sardegna, che Gigi Riva (foto da Wikipedia) aveva tanto amato.
Virginia Murru
Martedì 31 dicembre 2024 – Anno XVIII