
GAZA, CHE ALTRO ANCORA?
- 24 Gennaio 2025
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Ti può capitare d’essere un avventore qualunque, nelle strade dissestate della vita, di avere in tasca un passaporto di persona solidale, sensibile, che s’indigna di fronte ad un mondo cannibale, mentre divora i propri simili con alibi di ghiaccio. Così si salta su un aereo e si raggiungono quelle terre impossibili, dove trovi Dio dietro le assenze di ogni essere umano tradito, ogni derelitto che ha ormai solo una vaga parvenza di umanità.
Puoi ritrovarti allora nelle strade spettrali di una terra fradicia di sangue e di lacrime, dove vagano esseri come spiriti erranti, storditi da spettacoli inenarrabili, con lo sguardo assente di chi ha visto tutti i tentacoli del male, e ha ancora davanti a sé le immagini più oscure di quella tempesta di fuoco, perpetrata senza una ragione, mentre cerca invano un rifugio per sfuggire agli artigli della paura.
Invano, appunto, perché a Gaza non ci sono ripari dalle incursioni di chi conosce solo le armi più vili per colpire e cancellare innocenti; così avrà più spazio per crescere le oasi della rapina. Puoi aggirarti in questi tracciati che un tempo furono strade, con uno zaino pieno di domande senza risposta, e chiederti il perché di quell’istinto devastatore, predatore, che vuole prevalere sul debole. Ti chiederai il perché di quella smania assurda di morte e distruzione. E il mondo ti apparirà davanti come un drago infocato, che scatena perfino fiamme dove ardere vive le proprie vittime, senza nemmeno una sosta nel dubbio. Senza esitare, senza rimandi di colpa, senza neanche una traccia di memoria da trattenere nel buio della coscienza…
Coscienza? Sensi di colpa? Macché. Nessun sentimento umano qui ha il lasciapassare, per uno strano input di quella realtà sconvolta, che si presenta spietata e nuda davanti agli occhi più disincantati.
Non chiedere poi dell’amore, quello legittimo, universale, verso vite oltraggiate e sofferenti, come mai essere umano può essere stato: i bambini ti diranno che l’hanno visto passare con passo svelto, con mani anche gentili, ma quasi sempre pronte a dileguarsi, a scomparire nell’assenza del vicino (lontano) Occidente. Queste vite ti diranno che è meglio la morte ad un’esistenza che non contempla l’innocenza, l’umanità.
E allora entrerai in quello sceòl, attraversando i cancelli della fame e della sete, in quel deserto di macerie e corpi spezzati dall’indifferenza di chi vuole ‘punire’ il tempo di un secolo senza giustizia. L’oppressore lo vedi aggirarsi con occhi senza diottrie (con l’ausilio dell’IA..), ti osserva e tu non lo vedi, ti spia come ombra nella notte, conta i tuoi passi, passa in un vaglio contorto le tue parole. Attenzione: perché qui l’umanità e la compassione sono venti contrari allo status quo. Solo ambiguamente tollerate. In quel mirino sono caduti piccole vite acerbe, giornalisti che portavano lontano solo i frammenti di una verità indicibile, tanto è assurda, crudele da non poter dire.
Sosterai attonito davanti a piramidi di macerie e di polvere, ti occorreranno attimi per capire che in un tempo non lontano erano case, povere dimore, ma pensate per accogliere famiglie operose, bambini vivaci che tenevano strette le loro piccole vite. Ora immolate ad un delirio che nessuno è riuscito a fermare, nessuno, perché le parole non bastano a chiudere dietro serragli di pace la Verità di un popolo troppo oltraggiato.
Quei muri lacerati da un volere tiranno, che ogni giorno consacra una strage alla divinità del potere più alieno. Vorace, che strappa il destino ad un popolo inerme, senza armi per difendere la sua terra, e il suo cielo. Un cielo ingombro di corvi d’acciaio, che dispensano morte su piccoli germogli rei d’essere comparsi nel mondo.
Non hanno difese, loro sono target di un vento dannato, a loro è vietata la dignità di Nazione, da un padrone che lentamente divora a morsi quella terra fradicia di lacrime e privazioni. (“Uno Stato, la Palestina? Mai – dice il grande capo)” –
Sono muri a metà, quelli di Gaza, con profonde fenditure, dove è passato l’arbitrio del male più nero, macerie ancora intrise di rosso vermiglio, di urla sovrumane di madri che stringono al petto piccoli involti bianchi, ovvero piccoli angeli di Allah strappati all’amore di quelle donne sole, senza neanche un bicchiere d’acqua per dissetare la giustizia. L’urlo verso il cielo nemico, azzurro malgrado quel buio, non serve: chi potrebbe spezzare l’incanto si perde in parole, anzi foraggia di armi la mano colpevole di notti e di giorni tempestati di piombo, su un popolo stremato di orrori e cingoli di paura.
Quei muri cadenti con lembi di finestre precarie, sembrano gli occhi di una notte perenne, testimoni di abusi e misfatti, sembrano sentinelle di una Verità che l’aggressore non potrà mai cancellare, la Storia ha già scritto la sua verità, e nessuno potrà mai violarne i cancelli.
Immagine Pixibay
Virginia Murru
Venerdì 24 gennaio 2025 – Anno XIX