‘Evitare il declino’, il punto della prof Antonietta Benagiano
- 19 Dicembre 2024
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Se la politica ha cura soltanto dei propri interessi dimentica il bene pubblico e lo Stato va inevitabilmente in declino perché lo Stato è il bene pubblico
Miliardi e miliardi di neuroni in funzione nell’essere umano: gli scienziati ne annunciano 85, taluni arrivano a 100 miliardi, dicono che è pari quasi a un terzo delle stelle presenti nella nostra galassia. Il cerebrum, i cui neuroni in età anziana si iniziano a perdere a decine di migliaia al giorno, è senza dubbio il valore maggiore del soggetto umano, e ciò indipendentemente dal genere, se consideriamo quanto sostiene lo studioso James Flynn evidenziando che il quoziente di intelligenza delle donne è oggi, con le opportunità che esse hanno, superiore a quello degli uomini. Inoltre, secondo studi, ci sono terre dove il QI si presenta più alto, come a Hong Kong e Singapore, in Corea del Sud, Giappone, Cina e Taiwan, e anche in Italia. Un valore, il cerebrum, da sempre riconosciuto, basti pensare alla esclamazione presente in Fedro, relativa a una maschera, bella sì ma priva di cervello: Oh quanta species, sed cerebrum non habet!
Il cervello, opportunamente avviato, potremmo anche dire sfruttato, può essere ricchezza non solo per chi lo possiede anche per lo Stato, purché gli vengano offerte le possibilità di mettere a frutto le sue capacità. Tanti gli Stati che hanno attuato progressi anche attraverso l’importazione di quei cervelli che sanno in qualsivoglia campo suonare lo strumento della mente con un’accensione che dà anche stupore. Necessita, però, quello strumento, oggi anche di tecnologia avanzata per accendersi, nonché di avere un’adeguata ricompensa, e null’altro si trova che ricompensi più del denaro. Da sempre è pecunia a dare soddisfazione, lo era sin da ere lontane, pure per Leonardo e Michelangelo, lo è ancor più nel presente tempo con i giovani delle nuove generazioni immessi in stili di vita non certo di ristrettezze. Lo sanno bene gli Stati che vogliono avanzare importando anche cervelli.
La Cina, Stato leader insieme agli Usa, ha fatto passi da gigante, nei decenni da Dung Xiaoping a Xi Jimping ha tratto fuori dalla “povertà estrema” 770 milioni di cinesi, pertanto il tasso di povertà è sceso dal 66, 3% allo 0, 3%. Ha anch’essa, come tutti gli Stati, problemi interni e nei rapporti esteri, ma continua a procedere e sembra apprezzare non solo l’oro delle miniere (di recente nella contea di Pingjiang è stato trovato il più grande giacimento d’oro del mondo) pure l’oro della mente, lo accoglie e attrae quindi a sé ricompensandolo molto bene. Così dall’Italia tanti nostri cervelli emigrano ora anche in Cina, oltre che negli Usa e in altri Stati del mondo occidentale. E proprio per l’ottima ricompensa sono soddisfatti di mettere a frutto il loro cervello fuori dall’Italia, terra che per essi resta bellezza da rimpiangere, ma non per tornare.
Intanto la fuga dei cervelli all’estero, secondo quanto rilevato, ha un alto costo per l’Italia, circa 14 miliardi all’anno. Il cervello, se funziona perfettamente, viene considerato come un computer, e gli Stati vogliono acquistarlo per un avanzamento in ogni settore. Eh, sì, bisogna usare non solo il cervello -diciamo- ‘domestico’, anche quello che si può avere da fuori ponendolo, ovviamente, nella condizione di poter soddisfare le sue capacità e gratificandolo con un bel guadagno. Molti di coloro che si sono laureati in Italia vengono così attratti, emigrano, offrono il loro cerebrum altrove.
Fra tanti altri ha trovato occupazione in Cina anche una ex allieva del Liceo dove insegnavo. L’alunna Barbara Delprete, molto impegnata con ottimo frutto in ogni disciplina, aveva una particolare predisposizione per la matematica, e proprio in questa conseguì la laurea nel capoluogo pugliese. Il suo iter successivo alla laurea sembra quasi sfatare il luogo comune della impossibilità, anche per i bravi, di trovare occupazione in Italia. Talora è la natura del soggetto a far desiderare esperienze nuove. Infatti Barbara, che si autodefinisce “persona curiosa”, facile alla noia e portata quindi a “provare esperienze nuove”, insoddisfatta del contratto a tempo indeterminato in una multinazionale tarantina, della successiva esperienza nell’esercito, diventa sviluppatrice di software a Milano per balzare in Inghilterra. A Londra viene subito assunta, ottiene la cittadinanza e il passaporto, acquista casa, ma non si sente a casa, come afferma nella intervista “In piena pandemia mi sono trasferita in Cina per insegnare”, rilasciata il 14 maggio del 2023 al giornalista Raffaele Nappi e presente in “il Fatto Quotidiano”. Pertanto dal 2020, dopo uno stretto lockdown di due mesi, vive a Shenzhen, metropoli di 14 milioni di abitanti, dove insegna matematica in un Campus ben attrezzato. Dice di trovarsi bene in una città con tanti parchi e molte possibilità di svago nel tempo libero, soprattutto senza lo stress delle metropoli occidentali. Non è da escludere la consistente gratificazione economica. Ritiene sì bellissima la sua terra natia, ma essa è “solo per trascorrere le vacanze”.
L’Italia viene così privata di quanti, formatisi in essa, vanno poi a offrire altrove il frutto della loro formazione. Una perdita e, di rimando, nessun acquisto. Perde infatti il Paese d’origine che ha investito denaro e competenze nella formazione del laureato, di cui gode poi il Paese che offre migliori condizioni di vita e di stipendio.
Ciò che ormai da lunghi anni si sta verificando non è più il brain exchange, ovvero uno spostamento di cervelli nei due sensi, e neppure il brain circulation, vale a dire la formazione all’estero per un ritorno poi in patria con maggiori conoscenze, ma è un brain drain, flusso di cervelli molto qualificati, i nostri, in un’unica direzione, e le innovazioni prodotte dai cervelli superdotati diventano proprietà del Paese dove il cervello è emigrato.
Purtroppo la classe politica non ha da lungo tempo dato peso, dimostrando di non comprendere il danno della perdita del cerebrum che va via e più non rientra, oppure rientra da pensionato. La fuga dei cervelli dall’Italia è un grosso problema di cui bisogna avere subito consapevolezza per porre riparo, considerando anche il fatto che ben pochi sono i laureati stranieri presenti in Italia, e sono perdipiù solo di passaggio. Disinteressarsi della fuga dei cervelli è non avere la capacità di pensare il futuro dell’Italia, è avviare l’Italia al declino.
Immagine da Pixabay
Antonietta Benagiano
Giovedì 19 dicembre 2024 – Anno XVIII