‘Pienezza la breve vita del giovane Poeta ligure’, il punto della prof Benagiano
- 6 Settembre 2024
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“Muor giovane chi agli dei è caro” – annuncia Menandro in un frammento, ripreso da Plauto e da altri, da Leopardi e Byron. Chi muore giovane non prova infatti l’amaro della vita che nello scorrere degli anni a tutti è dato.
Nel nostro tempo poi sembra cresciuto il numero dei giovani che vogliono rinunciare alla vita, e tanti si lasciano prendere da droghe, da quelle sintetiche oggi facilmente reperibili anche a prezzo contenuto. Danno effetti devastanti a quanti anelano al cupio dissolvi in una società che sul podio ha posto denaro, profitto e sesso. In ogni parte del globo dolorosamente muoiono giovani e giovanissimi, e non certo per un ideale, come accadeva nelle passate età. Giovani che non vogliono vivere la vita, come non la vivono per Martin Luther King “coloro che arrivano a tarda età senza averla mai vissuta”, vale a dire accumulando decenni senza significato perché privi di un qualsiasi ideale. E noi ci riportiamo indietro, ad altra età, e ripensiamo a una terra visitata in anni lontani…
Risplende la Liguria per bellezze naturali e artistiche, per la Città di Genova, un tempo dominatrice dei mari, e risplende anche per le personalità illustri in ogni campo che in quella regione ebbero i natali. Basti, fra i tanti altri, ricordare Cristoforo Colombo, Niccolò Paganini, Giuseppe Mazzini ed Eugenio Montale, e ci piace aggiungere Fabrizio De André.
Ligure era pure il giovane poeta Goffredo Mameli, autore di versi inneggianti all’ Italia, di quell’ Inno degli Italiani , composto il 10 settembre 1847 e musicato da Michele Novaro il 24 novembre dello stesso anno. Sarebbe divenuto il nostro inno nazionale. Dopo i risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946, favorevoli alla forma repubblicana, il Consiglio dei Ministri del 12 ottobre 1946, presieduto da Alcide De Gasperi, acconsente all’uso dell’Inno di Mameli come Inno Nazionale della Repubblica Italiana. Verrà poi riconosciuto definitivamente con la legge 4 dicembre 2017, n.181. Continuano pertanto i versi del giovane ligure a risuonare, come accade, del resto, per ogni Stato col proprio inno, nelle varie celebrazioni e cerimonie, ovunque si ritenga opportuno musicarlo e cantarlo, anche nello stadio a presentazione della squadra nazionale, degli italiani sul podio.
Vita brevis ars longa, l’aforisma di Ippocrate di Coo, ripreso da Seneca nel De brevitate vitae, porta a riflettere che qualsivoglia arte, non solo la medicina cui si riferisce Ippocrate, necessita di molto tempo perché possano essere raggiunti obiettivi significativi. L’aforisma, però, non sembra addirsi sia agli sportivi che generalmente danno il massimo proprio in giovane età, sia a quanti vivono la brevità della propria vita realizzandola pienamente, come il giovane poeta ligure Goffredo Mameli, cui Atropo recise il filo prima che compisse il 22° anno.
Nato a Genova il 5 settembre 1827 da Giorgio, tenente di vascello della Marina militare sarda e da Adele Zoagli, amica di Mazzini e persona colta, è quest’anno balzato all’attenzione con la miniserie prodotta dalla Rai che ha ripercorso i suoi ultimi due anni di vita. Goffredo, poeta da giovanissima età, consegue nel 1847 il baccellierato, si iscrive alla Società Entelema, formata da giovani liberali, dove leggendo alcune poesie, tra cui l’ode A Roma, perviene a notorietà. Si lascia completamente prendere dalla passione politica, dall’amore era stato già preso, dalla bella Geronima Ferretti, aperta ai nuovi ideali. Conosce Nino Bixio, compone altre odi che sollecitano all’azione per l’Italia una, libera, indipendente e repubblicana, ideale mazziniano che fortemente sente in sé.
Partecipa ai moti genovesi, si presenta al Governatore della Città “per ottenere il permesso di radunarsi in un luogo acconcio e ivi addestrarsi alle armi”. Con 300 giovani va a Milano che è insorta, incontra Mazzini, compone l’ Inno militare, musicato da Verdi, con esso infiamma i giovani a inserirsi nel Corpo dei volontari di Garibaldi. Dopo la fuga di Pio IX segue Garibaldi a Roma e di lì scrive a Mazzini: “Roma Repubblica. Venite”. Nel febbraio del 1849 era infatti stata proclamata la Repubblica Romana. Intanto combatte contro i francesi a Palestrina, a Velletri e sul Gianicolo, ed è qui che, durante l’assalto a Villa Corsini occupata dai francesi, viene il 3 giugno 1849 ferito a una gamba. Ferita malcurata che lo avrebbe portato a morte per setticemia il 6 luglio nell’Ospizio della Trinità dei Pellegrini, tra le braccia di Adele Baroffio, moglie di un diplomatico della Corte papale, nuovo amore di Goffredo. Verrà sepolto al Verano, dove si può tuttora vedere il monumento a lui dedicato.
Intensa anche la vita sentimentale, pur senza il gratificante approdo. Suo primo amore nel 1844 la marchesina Geronima Ferretti, giovane colta, dalle letture -diciamo- allora proibite, per la quale Goffredo compone numerose poesie. Tutte le poesie di Mameli, con Prefazione di Mazzini, saranno pubblicate post mortem insieme a talune prose. L’ amore dei due giovani viene, però, troncato dalla decisione della Marchesa di far sposare alla figlia il marchese Stefano Giustiniani, pur se vedovo con figli, dato che considera Goffredo un eretico e agitatore politico, anche dalla situazione finanziaria non florida, appena decorosa.
Altri tempi! Tempi di libertà soppresse ma anche di ideali che lubrificavano lo scorrere della vita, difficile e in bilico come in ogni tempo, ma con un nobile sentire. E, pur se breve, la vita vissuta con pienezza di ideali, di azioni rende forse meno doloroso il congedo. “L’uomo -dice Sartre- non è niente altro di quello che progetta di essere; egli non esiste che nella misura in cui si realizza, non è dunque niente altro che l’insieme dei suoi atti, niente altro che la sua vita”. E la breve vita del giovane poeta e patriota ligure Goffredo Mameli fu pienezza di ideali, di azioni. (Antonietta Benagiano)
Venerdì 6 settembre 2024 – Anno XVIII