
‘BATTUTA D’ARRESTO?’, IL PUNTO DELLA PROF ANTONIETTA BENAGIANO
- 18 Febbraio 2025
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BATTUTA D’ARRESTO?
A ricordare Eraclito: “Nella conferenza del cerchio inizio e fine fanno tutt’uno”. Nulla fa eccezione, pertanto, come ogni cosa, anche i fenomeni sono destinati alla fine, oppure a ridimensionarsi pian piano dopo l’esaltazione massima, a mutare per apparire poi sotto nuova forma.
Tema da sempre aperto la globalizzazione, ancor più da qualche tempo tra fautori e oppositori della politica trumpiana, portata a mutare le relazioni internazionali anche attraverso la ripresa dei dazi sulle merci da pagarsi alla dogana. Vengono, i dazi, generalmente considerati barriere artificiali ai flussi di beni tra Paesi, negativi perché generano povertà, al contrario della liberalizzazione del commercio, ritenuta generatrice di sviluppo. Di certo, però, gli Usa non possono considerare un bene il fentanyl, potente droga letale che dalla Cina giunge a mietere vittime negli Stati Uniti, dove entra poiché da parte di Messico e Canada non si fa lo stop che gli Usa chiedono. E delle decisioni del Presidente degli Usa va di mezzo pure la liberista Unione Europea che sin dal 1968 non ha, almeno al suo interno, dazi doganali e restrizioni quantitative. Alla suddetta Unione Trump fa notare che i singoli suoi Paesi “fanno pagare molto più di quanto gli Usa facciamo loro pagare” annunciando che “quei giorni sono finiti”, pertanto ci saranno corrispondenti dazi dal prossimo 2 aprile. L’Unione precisa che “mantiene alcune delle tariffe doganali più basse al mondo e non vede quali siano le ragioni per un aumento di quelle statunitensi sulle sue esportazioni”. Nella minaccia di dazi l’Italia, quale prima esportatrice negli Usa, verrebbe sicuramente penalizzata, a meno che per essa non si attui un trattamento diverso. Amor sui ci porta a sperare. In allerta sono anche India e Brasile, e valutano l’adozione di altre strade per evitare una guerra commerciale che poi, alla resa dei conti, a nessuno conviene.
La globalizzazione come scambio di merci e insieme di sistemi di vita e cultura, non è fenomeno nuovo, anzi molto antico. Il rinvenimento di beni e reperti archeologici a migliaia di km. di distanza dalle aree di produzione è infatti testimonianza di scambi esistenti sin dal neolitico, a esempio, con l’ossidiana. Si sarebbero poi le connessioni tra mondo mediterraneo e orientale intensificate con le rotte dapprima dei Micenei, poi di Fenici e Romani e dei popoli che seguirono nei successivi secoli. Famose furono la Via della Seta, dell’Incenso, delle Spezie e la Via dell’Ambra con carovane per il commercio di oro, sale, piume di struzzo e, purtroppo, anche di schiavi.
Ma la nostra globalizzazione, quella che ebbe inizio alla fine degli anni Settanta dello scorso secolo con le società multinazionali e transnazionali, intensificatasi poi nel XXI secolo con le tecnologie informatiche e la diffusione capillare della rete Internet, ha avuto un impulso davvero strabiliante con la creazione del mercato mondiale e la delocalizzazione con produzioni globali. Come giustamente considera il saggista statunitense Thomas L. Friedman, “mai prima di oggi, nella storia dell’umanità, un numero così elevato di individui è stato in grado di conoscere prodotti, idee e vite di tante altre persone”, di omologarsi quindi ad altri sistemi di vita. Tutto è facilitato dalla velocità dei trasporti, da quell’architettura di sistema che connette a livello globale. E ogni cosa varca la frontiera, la varca, purtroppo, anche il terrorismo.
Su ciò rifletteva già qualche tempo fa il sociologo e filosofo polacco naturalizzato britannico Zygmunt Bauman (1925-2017). “Il vero problema -egli scriveva – è che la globalizzazione che stiamo oggi affrontando è principalmente negativa. Si basa sulla rottura delle barriere, per permettere la globalizzazione dei capitali, il trasferimento dei beni, dell’informazione, del crimine e del terrorismo, ma non delle istituzioni politiche e giuridiche, le cui basi risiedono nella sovranità nazionale.” L’altra faccia della globalizzazione è quindi che il terrorismo può varcare le frontiere, che i processi economici e sociali non sono stati consolidati per affrontare le conseguenze della stessa globalizzazione. Se riflettiamo sul pensiero di Bauman, deduciamo che i dazi ben poco possono ridimensionare. Esplicitamente il filosofo annunciava: “La globalizzazione ha raggiunto ormai il punto del non ritorno. Ora dipendiamo tutti gli uni dagli altri, e la sola scelta che abbiamo è tra l’assicurarci reciprocamente la vulnerabilità di ognuno rispetto a ognuno e l’assicurarci reciprocamente la nostra sicurezza condivisa. Detto brutalmente: nuotare insieme o affogare insieme”. E aggiungiamo che Bauman, scomparso nel 2017, non ebbe la possibilità di riflettere su quanto sarebbe accaduto in seguito, sulle nuove guerre, tra cui quella russo-ucraina e del Medio Oriente, sul maggiore stravolgimento di sistemi.
Nuotare insieme? Vorrebbe dire che gli esseri umani hanno finalmente compreso la fratellanza. Restano ancora lontani, come lo erano secoli e anche millenni fa. Chiudiamo quindi con il pensiero del ben noto scrittore e filosofo russo Dostoevskij: “Fintanto che ciascun uomo non sarà diventato veramente fratello del suo prossimo, la fratellanza non avrà inizio. Nessuna scienza e nessun interesse comune potrà indurre gli uomini a dividere equamente proprietà e diritti. Qualunque cosa sarà sempre troppo poco per ognuno e tutti si lamenteranno, si invidieranno e si ammazzeranno l’un l’altro.”
Eh, sì, mala tempora currunt semper!
immagine Pixabay
Antonietta Benagiano
Martedì 18 febbraio 2025 – Anno XIX