
Ciao mamma
- 21 Gennaio 2021
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Silenzio. Un silenzio che ti culla ma che ti schiaffeggia, ti urla contro. Una culla che non offre sogni piacevoli, notti serene, lenzuola candide e federe profumate. Quel silenzio che tu hai lasciato.
Sei andata via nel silenzio, immersa nel silenzio. Perché tu eri così, discreta, garbata, rispettosa, hai deciso di spegnerti quando tutto intorno il mondo tace, la città bisbiglia e si cammina sulle punte, per non tediare i vicini dormienti. Hai scelto una notte muta, da cui è emerso un solo grido, timido ma risoluto: uno squillo, solo uno. Non volevo rispondere, non volevo sentire. Tremolante, accosto la cornetta e ascolto: una voce, seppur imbarazzata, annunciava l’evento inevitabile. Il tuo sonno era ormai eterno e io, io… non potevo evitarlo. Eravamo coscienti, tutti, i medici lo avevano ribadito: “Manca poco, non c’è niente da fare.” Parole che infilzano anche i più forti dei cuori, anche quelli che ergono barriere di cemento e impugnano scudi di acciaio inossidabile. E ora sono qui, mamma, a cercare di percepire il suono della tua voce, a sperare di sentire “gioia mia, dimmi”, ad illudermi di scorgere sul display del telefono la chiamata “mamma”, a cui non risponderò mai più. Perché la morte è sì crudele, malvagia, feroce, ma è soprattutto ladra: non solo priva della presenza, ma ti ripaga con l’assenza che ti bastona, lacera e sbrandella il cuore… non c’è più la tua voce che mi confortava, i tuoi abbracci caldi e rassicuranti. La morte è beffarda, è subdola, come i migliori ladri professionisti; non si sente un click, un sibilo, un flebile tonfo che ti prepara all’evento. Lei preleva silente e poi… solo poi, scatta l’allarme; ma è tardi, ormai. E non è un allarme temporaneo che si interrompe con dei semplici codici di accesso. È un allarme profondo che ti scava dentro e ti inietta nel sangue un veleno a lento rilascio e i codici, l’unica cura per disattivarlo, sono ignoti. Passeranno giorni, mesi, anni, ma l’allarme sarà sempre lì, a torturarmi i timpani, a solcarmi il viso con rigoli amari e salati. Questa sirena assordante suona, mamma, e la password di sblocco, te la sei portata dietro. La tua forza, la tua voglia di vivere, la tua tenacia, le hai sfoderate sino all’ultimo; non volevi cedere, non volevi dargliela vinta ma alla fine, mamma ti sei dovuta arrendere.
Polmonite, dicevano. Così, ci preparavamo al Natale, pensavamo alla casa, all’acquisto di un’asciugatrice che ti avrebbe tolto l’incombenza dei panni; avevamo tanti progetti, mamma e poi… quel poi non è mai arrivato. Perché non era polmonite, mamma, ma tumore, uno di quelli spietati che non ti dava scampo: no cura, niente terapie, solo morte. E tu non sei morta per Covid, lui non ti aveva toccato, ma DENTRO questo maledetto Covid, che TI era intorno e CI era intorno. Non abbiamo potuto abbracciarti, assisterti, stringerti la mano, darti una carezza. Sei morta sola e non sapevi neanche contro cosa stessi combattendo …non sapevi che quel mostro ormai, ti avesse intrappolata in un labirinto che aveva una sola uscita e… non era la vita. Ma eri sola, mamma, quando TU sola non eri e non lo sei mai stata e questo, proprio questo è il dolore che più mi condanna.
E questa sei tu, con i tuoi proverbi siciliani, con la tua saggezza ironica, ma persuasiva. Mi dicevi: “Ovunque tu vada, l’importante è lasciare il tuo ciauru (profumo)”. Mi insegnavi così, a lasciare agli altri, un’impressione positiva di me, tramite l’educazione e il rispetto che tu mi hai saputo inculcare. E ti assicuro, mammina, che il tuo “ciauru”, io lo sentirò sempre.
Sappi solo, mammina, che io terrò duro e che Miriam ogni giorno, volgendo gli occhi al cielo, dice: “Ciao nonnina, ora sei il mio angioletto.” E io sono certa che tu, lo sei per davvero.
Ciao mamma, ti amo
(F.M.)