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Purtroppo la Liguria ha da sempre la fama di essere una regione avara di spazi ma anche tirchia di portafoglio, quanto piuttosto povera di terreni coltivabili e parcheggi, e parsimoniosa nel spendere i risparmi accumulati con grandi sacrifici.

É sempre una bella terra antica di culture da esplorare inoltrandosi nei suoi meandri storici, ammirando i colori delle case amalgamati fra fiori rigogliosi il verde montano e il blu del mare, tra castelli, ville, chiese, musei e dilettandosi lungo la sua costa premiata da bandiere blu, o per i sentieri montani per raggiungere rocche e croci, per respirare a pieni polmoni aria pura.

In questi tempi di social network super attivi per audience per popolarità da conquistare giornalmente, dispiace che la tastiera di computer o cellulare, faccia danni amplificando singolari errori professionali, etichettando un’intera regione come pignola, irriverente e dispendiosa. Molta gente é malata di esternazione a tutti i costi di ogni proprio pensiero sui social network senza censura e senza pensare alle conseguenze negative che potrebbe causare.

Ogni tanto infatti, si leggono sui giornali nel web, scontrini “gonfiati” da spese aggiuntive davvero particolari, causando l’indignazione generale con numerosi commenti altrettanti irriverenti.

Non è forse più giusto ed etico, caricare di qualche euro la spesa dei singoli piatti, in base alla collocazione della location, ai rinnovamenti della struttura e il servizio e pulizia più accurati possibile, piuttosto che aggiungere ai prezzi indicati delle sorprese accanto a voci assurde, delle quali il cliente non era informato da carta menù?

Aggiungere un prezzo ai piatti “vuoti” collocati sulla tavola o ai “tagli” di porzioni intere servite, assomiglia ad una gag dei comici british, piuttosto che ad una mossa azzardata sulla propria “porta” gastronomica, per farsi autogoal da soli e dire addio ai clienti presenti e futuri.

Questi comportamenti poco lineari e poco professionali, se pur compiuti in buona fede per coprire i propri costi di gestione, o con servizi frenetici e schietti e molto spesso poco riverenti, a causa di una nevrosi incontrollata per sovraffollamento di turisti, avvengono, se ci fate caso, in cittadine rinomate e storiche, che hanno sempre clientela nuova, attirata costantemente dal mare e dalla promozione pubblicitaria intensiva.

Invece, addentrandosi in zone sempre accattivanti dal punto di vista storico e panoramico, ma meno pubblicizzate, distanti dal mare e dalle comodità cittadine popolari, troverete prezzi più modici e servizio più cordiale, perché l’attività delle strutture é proiettata per conquistare accontentare e fidelizzare il cliente, non trovandosi in zone di passaggio frequentate in modo intensivo tutto l’anno.

L’entroterra rilassante ligure ha forse da insegnare molto, dal punto di vista professionale, alla riviera frenetica.

Se la riviera si trovasse di punto in bianco senza costa, (evento pronosticato in questo secolo per costante innalzamento del mare), dovrebbe certamente rivedere e ridimensionare il proprio comportamento e gestione delle proprie strutture turistiche, abbassando i prezzi e fornendo un servizio più rilassato e cortese.

Dovrebbe essere istituito un master di qualifica professionale, per sviluppare doti di controllo dello stress e per incrementare la pazienza, oltre che ottimizzare il servizio alla clientela, proprio inseriti in stage nelle strutture dell’entroterra, che con sacrificio conquistano giorno per giorno il proprio lavoro, dato che il cliente è di passaggio con molto meno affluenza di quello della costa ligure.

Naturalmente ci sono molte eccezioni che confermano la regola, ma ovunque anche strutture commerciali che chiudono i battenti se la gastronomia, il prezzo ed il servizio lasciano molto a desiderare.

Questi episodi poco edificanti ingigantiti dal web, ne sovrastano altri simili che non sempre vengono trascritti dai giornali, ma piuttosto con “passaparola” segnalati come si faceva un tempo, come un gazzettino vocale, per avvisare altre persone sul servizio ottenuto.

Ricordo con affetto mia nonna “Nora” Addolorata Andorno che gestiva la propria osteria e locanda del Pino a Riofreddo di Murialdo (SV) con mio nonno “Pietren” Bellone. I suoi consigli ed esperienza di vita sono stati importanti per la mia famiglia. Il suo detto “Si nun ti sei nescia, fallu” (Se non sei stupida, fallo) voleva dire che molto spesso è necessario lasciar correre, rinunciando ad aver ragione, per mantenere il quieto vivere familiare e per non perdere denaro e lavoro. Era di origine di Agaggio Superiore di Molini di Triora (IM), adottata da una famiglia senza figli di Canova di Magliolo (SV), e grazie al suo carattere riflessivo, bonario e generoso ha saputo conquistare la stima di tutti.

Mio nonno Pietro, che ha ereditato la proprietà in cui ha svolto l’osteria ereditata dai suoi genitori, ci ha insegnato l’importanza del lavoro e del sacrificio, proprio lui che a 49 anni ebbe un aneurisma che ne paralizzò metà del corpo, per troppo sforzo portando per ripetuti viaggi di un km e mezzo in salita con 50 kg di farina per volta sulle spalle (necessaria per fare pane e focaccia quotidianamente nel forno a legna dell’osteria): con la costanza e l’esercizio fisico a casa, allenandosi i muscoli con pesi e corde, recuperò buona forza fisica per ricominciare a lavorare ed aiutare la famiglia, se pur in tempo di privazioni quale la II guerra mondiale, (lui era reduce da 7 anni di guerra in campagne d’Africa e I Guerra mondiale), sostenendo il futuro di 4 figli tutti istruiti e sistemati bene. Non aveva recuperato pienamente la parola, ma il suo esempio e la sua stretta di mano erano cariche di valori e di giustizia.

Erano tempi in cui in zone montane difficili da raggiungere, con pochi turisti facoltosi e quasi esclusivamente solo gente locale con poco denaro, il lavoro si incentrava sul risparmio, coltivando la terra, tagliando la legna, producendo carbone e vino, conservando in agrodolce o zucchero o sale o olio i prodotti coltivati e i frutti del sottobosco e funghi, seccando le castagne, allevando animali da cortile, cucinando i piatti tradizionali con forno a legna, senza spreco alcuno. Il forno veniva messo a disposizione degli abitanti una volta a settimana, per la cottura dei propri piatti in teglie apposite, e durante le feste soprattutto per quella patronale di S.Rocco.

I panni venivano lavati a mano in vasche apposite, e solo con l’avvento della luce negli anni trenta, dapprima prodotta dalla Società Bellone (progetto 1934), in seguito dall’Enel negli anni ‘70, ampliando la potenza della corrente elettrica, arrivarono i primi elettrodomestici in paese, come le preziose lavatrici. (Museo “C’era una volta” in Riofreddo di Murialdo (SV).)

Non c’era tempo per il divertimento personale, se non per ascoltare la radio, partecipare alle veglie con i vicini di casa, e rendez-vous di casa in casa, non si avevano telefoni e macchine per ogni componente familiare come oggi, ma piuttosto un telefono pubblico da usare con parsimonia e carro trainato da muli o una bicicletta per spostarsi, e solo per necessità lavorativa.

Anche i vestiti erano un culto, rigorosamente cuciti a mano o macchina “Singer”, o lavorati ai ferri o uncinetto, come anche accessori vari costruiti artigianalmente: c’erano più abiti da lavoro che da festa, rivoltati e rammendati per rinnovarli il più possibile, anche le scarpe avevano una lunga vita di risuolature.

Tutti gli attrezzi utili per lavorare venivano forgiati in ferro nel paese, come anche i cesti in legno di castagno e le tabacchiere in corteccia di betulla.

Nulla doveva essere buttato, ma aggiustato e proiettato a nuova vita, perché se ne conosceva il costo e il sacrificio per metter da parte i soldi necessari per acquistarlo.

I regali venivano in economia elargiti ai propri familiari solo per i compleanni e il Santo Natale, non come oggi che ci possiamo comprare e regalare di tutto quasi tutte le settimane o tutti i mesi.

Il paesaggio era immerso in una calma benefica, lavorando la terra seguendo il ritmo del sole, particolare importante e salutare che nei secoli abbiamo abbandonato, per prolungare la vita nel buio illuminato artificialmente.

Un tempo non c’era la tecnologia che, se pur da un lato ci ha migliorato e semplificato la vita quotidiana, dilettato ed insegnato con l’avvento della radio e della televisione, migliorato ed amplificato la comunicazione con il telefono le moto e le autovetture, ci ha però creato più burocrazia e dispendio di denaro in divertimenti futili, accantonando i sani valori e la religione, per altri idoli futili e vizi devastanti.

É forse giunto il tempo di fare un “mea culpa” personale e rimediare, perché se la Liguria perde punti sulla classifica del galateo delle attività turistiche, è colpa dei suoi gestori. É forse giusto guadagnare qualche euro in meno, ma lasciare un buon ricordo ai turisti, pensando che anche loro in questi tempi di crisi lavorativa, debbano risparmiare con sacrificio e rinunciare a mangiare il menu completo per ogni componente familiare come facevano anni addietro, per dividerne uno solo per tutti come per degustazione gourmet di chef in trasferta.

Il futuro della Liguria sarà principalmente il turismo, quindi migliorare la nostra immagine ai posteri, ci farà guadagnare medaglie d’oro sulla pole position della vita sociale internazionale.

Simona Bellone 
Pres. caARTEiv
8/8/2023