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La campagna Stop Food Oils and Fats in the Sea punta al 2026 per proteggere il Mediterraneo e creare economia circolare

Rendere ogni cittadino protagonista della tutela del mare attraverso un gesto quotidiano come la gestione degli scarti in cucina. È questa la nuova sfida della campagna Stop Food Oils and Fats in the Sea, che punta entro il 2026 a diffondere in modo capillare la raccolta porta a porta degli oli alimentari esausti, trasformando un rifiuto sottovalutato in una risorsa strategica per l’ambiente e l’economia.

L’iniziativa parte da un dato concreto, spesso ignorato. In Italia il consumo pro capite di tonno in scatola supera i 2,5 chilogrammi annui e, secondo le elaborazioni di Ancit, l’olio di conservazione rappresenta tra il 15 e il 25 per cento del peso del prodotto. A questo si aggiungono l’olio da frittura e quello utilizzato per altre conserve domestiche, generando un quantitativo complessivo enorme che oggi, in larga parte, viene smaltito in modo improprio.

Il problema non riguarda solo le cattive abitudini domestiche, ma si intreccia con criticità strutturali del sistema di depurazione. I report di Utilitalia e i dati ISTAT evidenziano come circa il 15 per cento dei comuni italiani sia ancora privo di impianti adeguati o coinvolto in procedure d’infrazione europee per il mancato rispetto della Direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue. In queste aree, l’olio versato nel lavandino finisce direttamente nei corsi d’acqua e in mare.

Gli effetti ambientali sono particolarmente gravi. L’olio crea una sottile pellicola superficiale che ostacola l’ossigenazione dell’acqua, compromettendo la vita marina e danneggiando la biodiversità. Un danno silenzioso ma persistente, che si somma all’inquinamento già presente nel Mediterraneo e che comporta anche costi elevati per la manutenzione delle reti fognarie e degli impianti di depurazione.

Il progetto con orizzonte 2026 intende trasformare questa criticità in un’opportunità di economia circolare. L’obiettivo è integrare stabilmente la raccolta degli oli alimentari esausti nelle utenze domestiche, attraverso la progettazione partecipata e il coinvolgimento diretto delle amministrazioni comunali e delle società che gestiscono i rifiuti urbani. Un passaggio decisivo per superare la frammentarietà delle iniziative sperimentali e rendere il recupero una pratica ordinaria.

«Siamo partiti dai giovani chef degli istituti alberghieri, per poi passare sulle spiagge coinvolgendo i turisti; ora tocca alle amministrazioni comunali e alle società che si occupano di rifiuti urbani programmare la raccolta porta a porta di questa importante risorsa», afferma Piero Camoli, amministratore di Nuova C Plastica. Secondo Camoli, il coinvolgimento diretto del territorio rappresenta la chiave per il successo dell’iniziativa e per il cambiamento delle abitudini quotidiane.

Sottrarre l’olio agli scarichi domestici non significa soltanto proteggere il mare. Il recupero consente infatti di alimentare una filiera industriale in grado di trasformare questo rifiuto in biocarburanti di alta qualità, contribuendo alla produzione di energia pulita e alla riduzione delle emissioni. Una scelta che unisce tutela ambientale, innovazione e sviluppo sostenibile.

La raccolta porta a porta degli oli alimentari esausti si propone così come un modello virtuoso di gestione delle risorse, capace di trasformare un problema infrastrutturale e ambientale in un’opportunità concreta. Un percorso che richiede programmazione, collaborazione istituzionale e consapevolezza dei cittadini, ma che può incidere in modo significativo sulla salute del Mediterraneo e sul futuro delle comunità costiere.
Foto fornita dall’Ufficio stampa.
C. Folco
Domenica 21 dicembre 2025 – Anno XIX