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Un racconto breve per bambini tra storia, leggenda e fantasia della scrittrice di Vessalico Mariagrazia Doglio
Proposto il 2 luglio in occasione della  264ª Fiera dell’Aglio di Vessalico

Alla fine del ‘700 gli abitanti di Vessalico, paese posto sulla riva sinistra del torrente Arroscia e punto strategico per il commercio tra la costa e l’entroterra, vivono in pace, lontani da interessi di potere.

Guardano alla terra come risorsa di vita, curano gli uliveti circostanti, allevano bestiame e da circa 300 anni coltivano l’aglio, bulbo conosciuto grazie ad un mercante proveniente dalla lontana Asia.

La giovane Antonietta, come ogni mattina, si alza presto; sa che in campagna c’è sempre tanto da fare e lei vuole essere d’aiuto ai genitori.

Munge la mucca Gelsomina, dà l’erba ai conigli, entra nel pollaio a prendere le uova ancora calde, va in cucina ad accendere la stufa per fa bollire il latte per il suo fratellino.

Il gallo canta e la casa si anima.

Antonietta osserva il padre che nell’aia sta affilando la lunga lama che servirà per falciare l’erba nell’uliveto e la mamma che sbatte e fa prendere aria al pagliericcio sul quale di notte si coricano.

La nonna Maria resta ancora nel letto, fa fatica a camminare e procede appoggiandosi al bastone di legno di castagno, intagliato dal suo defunto marito;

s’alzerà più tardi per preparare pranzo e accudire il piccolo Filippo.

Antonietta e tutti gli abitanti del paese amano e rispettano sua nonna, che conosce e tramanda tanti segreti dell’orto e della vita quotidiana e chi ha bisogno di consigli o rassicurazioni si rivolge sempre a lei.

È ora di andare. Insieme alla mamma prepara il cestino con l’occorrente per il lavoro in campagna e lo posa sul carretto; spingendolo tutti insieme si avviano verso l’uliveto che si trova vicino alle pendici del monte Frascinello.

La mattina è luminosa, le foglie argentee degli ulivi brillano al sole.

Il mondo di Antonietta è racchiuso tra le verdi pendici e il fiume Arroscia; alcuni suoi amici dicono che, con una giornata di cammino, si può vedere il mare; lei sa che è un’immensa distesa d’acqua salata, ma fa fatica a immaginarla.

Improvvisamente si sentono suonare le campane della chiesa del paese e così anche dai campanili vicini; l’aria si riempie di paura, in valle sta succedendo qualcosa.

Antonietta inizia a tremare, le cade il falcetto e si accuccia tra l’erba; i suoi genitori si guardano e diventano scuri in volto.

Il terreno sussulta, un frastuono giunge da lontano, colonne di fumo si alzano dalle campagne.

I tre abbandonano gli attrezzi e corrono verso casa.

Là trovano Filippo piangente. La nonna sulla soglia della porta porge loro una bisaccia con dentro una pagnotta e della salsiccia secca.

“Presto salite alla grotta sulla Punta Alto, prendete in braccio Filippo e nascondetevi.”

“E tu nonna?”

“Non preoccupatevi, qualsiasi cosa mi succeda io sono vecchia e ne ho già passate tante, a me non accadrà nulla di terribile!”

Mentre si avviano sul sentiero, che s’inerpica dentro il bosco di castagni, vedono molte altre famiglie di Vessalico che stanno camminando verso la montagna; tutti si conoscono, si guardano, si salutano con un cenno della testa, ma nessuno parla.

Il silenzio, figlio della paura, li avvolge.

Arrivati all’arma ognuno cerca un posto dove sedersi. Le stanche schiene si appoggiano all’umida roccia. I brividi penetrano nelle ossa.

Dal paese si alzano fiamme e fumo.

Un ragazzo, che si è attardato a salire per scoprire la natura di quel delirio, arriva pallido e con gli occhi sbarrati, che hanno poco di umano.

All’ingresso della grotta sviene, gli bagnano le labbra con un po’ di grappa e piano piano rinviene:

“I francesi di Bonaparte stanno distruggendo tutto: bruciano campi e stalle, uccidono gli animali, saccheggiano le case.”

Un silenzio innaturale cala sulle persone.

Occhi impauriti accompagnano la notte, ogni minimo rumore fa sobbalzare adulti e bambini. Nessuno ha acceso un fuoco per paura di far scoprire il loro rifugio. Il freddo è pungente.

L’alba giunge portando nell’aria l’odore acre di bruciato.

Cautamente le famiglie iniziano a scendere dalle pendici per rientrare in paese… ma quale paese? Hanno bruciato tetti, solai, porte e così anche gli uliveti; intorno solamente distruzione e fumo.

Antonietta si avvicina a casa: “Nonna, nonna, dove sei?”

Nulla.

Nell’orto trova la nonna distesa a terra con il viso insanguinato.

“Nonna, cosa ti hanno fatto?”

“Sono caduta, ho perso il bastone e un sasso mi ha colpito! Cercate di non abbattervi, siete vivi, non disperate raccogliete le forze, sentitevi uniti e vedrete che nascerà qualcosa di buono: aiutatevi l’un l’altro! Coraggio, non disperate. Io sono stanca, lasciatemi stringere gli occhi!”

Antonietta capisce che la vita sta lasciando la nonna e scoppia a piangere. Le sue lacrime si mischiano alla terra nella quale hanno piantato l’aglio, non riesce a smettere, rimane lì, anche quando suo papà prende in braccio la nonna e la porta in chiesa.

Passano i mesi. Gli abitanti del paese, memori delle parole di Maria, si aiutano nel ricostruire case e stalle; essendo bruciati gli uliveti e devastati gli orti, non sanno come poter andare avanti, cosa vendere per guadagnare qualche soldo per la famiglia.

Antonietta torna ogni giorno dietro casa, dove aveva trovato la nonna e porta dei fiori in un vaso. Osservando le piante dell’aglio che stanno crescendo, non può fare a meno di pensare a quel terribile giorno.

A giugno è il momento di dissotterrare i bulbi, è triste, le sembra di profanare la terra che ha accolto gli ultimi respiri della nonna.

Mentre la sua mente vaga nei ricordi, osserva i bulbi e scopre che gli spicchi, solitamente bianchi, sono striati di rosso. Li porta alla mamma e riferisce dove li ha raccolti.

“Questi bulbi sono nati dalla terra bagnata dalle tue lacrime di amore per la nonna. Guarda: la forma allungata degli spicchi ricorda le tue lacrime e il rosso l’amore che provi per nonna Maria.”

“Mamma gli spicchi sono stretti tra loro ci invitano a essere uniti e collaborare! Regaliamo gli spicchi a tutti gli abitanti del paese in ricordo della nonna. Essendo bulbi li ripianteremo e ne nasceranno degli altri: sono simbolo di rinascita! Lei ce l’ ha sempre detto di non mollare. Proviamo a usarlo per cucinare. Come la nonna dava ogni giorno senso e profumo alla vita, così questo bulbo darà più sapore al nostro cibo; ne sono certa!”

Ben presto tutti gli abitanti di Vessalico ebbero nei campi l’aglio striato di rosso, dono di Maria, e utilizzandolo nella preparazione delle pietanze ebbero la sorpresa di trovarlo saporito, ma leggero, facile da digerire, segno forse che ciò che di terribile era successo bisognava lasciarlo andare, non pensarci più e perseverare nel lavoro!

E fu così che, grazie al bulbo striato dal rosso amore di Antonietta per la nonna Maria, Vessalico trovò un prodotto prezioso e unico da commerciare e far apprezzare nei territori vicini.

Mariagrazia Doglio


Mariagrazia Doglio è una maestra che ama scrivere racconti e poesie; ha vinto numerosi premi. Nelle sue vene scorre sangue della valle Arroscia. È attiva nel sociale e nell’associazionismo; è socio fondatore dell’Associazione ADSO (Associazione Down Savona Onlus) ed è sostenitrice dell’Associazione sportiva inclusiva “Viceversa asd”; ha pubblicato un libro ( “Vicendevoli emozioni”, Edizioni del Delfino Moro) i cui proventi sono andati tutti a quest’ultima Associazione.

Mercoledì 3 luglio 2024 – Anno XVIII